PAM 2018 | Dan Perjovschi

Dan Perjovschi (Sibiu, Romania, 1961) è un artista riconosciuto in tutto il mondo per i suoi interventi nei più grandi musei internazionali, quali il MoMA di New York e la Tate Modern di Londra. Cresciuto nella Romania comunista di Nicolae Ceausescu e dunque sotto la scure della repressione e della censura culturale, Perjovschi appartiene alla generazione liberatasi dalla dittatura dopo il crollo del muro di Berlino nel 1989. L’artista ha iniziato a lavorare a Bucarest nel 1991 come disegnatore sul noto magazine romeno «22». Su quanto quest’esperienza ha inciso sul suo lavoro attuale, così diceva in un’intervista pubblicata a marzo del 2011 sul settimanale «Gli Altri»:«Il mio lavoro nasce tuttora dalla lettura dei giornali, dall’osservazione di ciò che accade intorno a me. Fin da allora ho annotato le mie idee disegnando in piccoli diari, ma poi dal 1997 (e in particolare dalla grande installazione per la Biennale di Venezia del ’99) ho incominciato a riportare e ingrandire quegli schizzi su parete, invitando ad una lettura simultanea in luogo di quella lineare tipica di un diario o di un giornale. Il mio obiettivo, ora come allora, era quello di rivoluzionare il disegno, mettere in discussione la separazione l’arte alta e bassa, l’opera d’arte come bene-feticcio da collezionare…»
La sua pratica linguistica favorita è quindi il disegno, «animato» da giochi di parole, da epigrammi e dal senso paradossale con cui delinea gli eventi socio-politici, i nuovi conflitti di classi, le contraddizioni del sistema dell’arte, le anomalie del convivere all’interno del mondo globalizzato. La sua rappresentazione, quasi performativamente, convoglia spesso in grandi installazioni murali, ma anche e sorprendentemente in video, video-animazioni, diorami, quaderni di appunti, fotografie.
Perjovschi sfrutta ogni possibilità spaziale, definendo nuove dimensioni degli ambienti in cui lavora: pareti, finestre, pavimenti, vetrate, soffitti all’interno/esterno di musei, di istituzioni e di gallerie, in cui fa fluttuare le sue affabulazioni seguendone l’architettura che li contiene e trasformando ogni suo intervento in un progetto sitespecific.